Come il pensiero disfunzionale distrugge la comprensione delle funzioni/ How dysfunctional thinking destroys the understanding of purposes

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Cosa succede quando qualcosa è difettoso? Si cerca di ripararlo o di buttarlo e sostituirlo, al massimo, risponderebbe la maggior parte delle persone. Oggi non staremo ad analizzare le posizioni di chi vuol fare una cosa o l'altra, perché metteremo tutte e due le "categorie" in un'unica fattispecie: quella di riconoscere che quel qualcosa di rotto ha una funzione e che il fatto che non la possa più svolgere qualifica questa cosa al massimo come malfunzionante, e non come disfunzionale. Non mi soffermo sul discernere tra questi due termini. in quanto già fatto qui. 

Se qualcosa ha una funzione riconosciuta, di solito una volta rotto od obsoleto, non si riconosce rotto od obsoleta l'intera funzione di quella classe di oggetti: se si rompe il motore di una macchina, quale persona direbbe "Cacchio, mi sono reso conto che le macchine sono inutili: da domani, a piedi o in bicicletta!"?

Ok, ci sono persone che magari hanno delle illuminazioni "oneste" in merito, cogliendo l'occasione della rottura o della necessità di sostituzione di un oggetto, ma questa occasione non è foriera in sé e per sé di una nuova riflessione in merito nel caso, sarebbe cioè una mera coincidenza.

Quello che invece spesso succede con la politica, con la Pubblica Amministrazione, con i ruoli in genere che le persone possono avere in una collettività e anche con qualsiasi istituzione pubblica o privata, è un vero e proprio oblio della funzione. Parlo di oblio in quanto criticare la funzione è ben altra fattispecie: la critica vera infatti è svolta in modo razionale e sistematico, con onestà intellettuale e cognizione di causa, partendo da un sano principio di realtà, riconoscendo con qualsiasi stile o modalità di argomentazione i pro e i contro di un qualcosa e con la finalità di un rinnovamento e di un miglioramento.

Ho notato quindi tante persone, in diversi contesti, asserire cose come: "I politici sono tutti ladri = la politica è inutile" o "La Pubblica Amministrazione è inefficiente = al diavolo la Pubblica Amministrazione, non serve a niente". Queste equivalenze sono riassumibili in una sorta di equazione semplice: "X non funziona = X è disfunzionale".

Ovviamente, si tratta di pensieri semplicistici, di sfoghi irrazionali che non hanno chiaramente alcuna strutturazione, si tratta cioè di mere "reazioni di pancia": nondimeno, la quantità di persone che la pensa in questo modo rappresenta la maggioranza degli italiani, e in una democrazia, sono loro che decidono delle sorti di questo paese, in un modo o in un altro.

Fermo restando la comprensibilità della mancanza di fiducia nelle istituzioni, da decenni popolate da indegni rappresentanti che hanno oscillato tra incompetenza e malafede, ritengo nondimeno un grave problema civile storico il disconoscimento del valore e del significato delle istituzioni, segno di quel sentimento di frattura e di alienazione, spero prima o poi sanabile, da parte di chi non ha il potere nei confronti di chi lo esercita.

Le istituzioni non sono in sé e per sé dei carrozzoni elitari, dei centri di potere assoluto, delle stanze dei bottoni ad accesso limitato: queste non sono le reali ed originarie funzioni delle stesse. Le istituzioni hanno la funzione di servire il popolo, inteso in senso unitario come collettività civile, sono espressione di rappresentanza della sovranità: le istituzioni, in poche parole, SIAMO NOI.

Disconoscere la funzione delle istituzioni è disconoscere la stessa funzione del popolo come attore civile, sociale e politico, facendo il gioco di chi sfrutta il pensiero disfunzionale per i propri loschi scopi.

Credo sia ormai da tempo giunto il momento di un  ripensamento profondo dei ruoli e dei comportamenti delle stesse istituzioni, che devono dare esempio liberandosi dei rappresentanti malfunzionanti e dando contestualmente priorità all'educazione civica (da riformare) nelle scuole di ogni ordine e grado e alla promozione della cultura civica e politica in ogni ambito (invece di limitarsi a poche ore all'anno di pseudo-educazione civica, con pochi fondi, dove ci si limita in modo molto superficiale a ripetere in modo nozionistico concetti di cui i giovani non terranno mai realmente conto e che quindi non applicheranno mai.)

Un pensiero funzionale deve essere, in ultima istanza, la base concreta di un rinnovamento civile, e solo una profonda riforma dell'educazione/istruzione/formazione (i termini andrebbero usati insieme o andrebbe creato uno nuovo, più sintetico) può darci la speranza per un futuro in cui, se non altro, i drammi e le tragedie della civiltà non deriveranno da un'assenza di capacità critica e da cattive intenzioni. 

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What happens when something is defective? You try to repair it or throw it away and replace it, at most, most people would answer. Today we will not analyze the positions of those who want to do one thing or the other, because we will put both "categories" into a single case: that of recognizing that something broken has a function and that the fact that it can no longer perform it qualifies this thing at most as malfunctioning, and not as dysfunctional. I will not dwell on discerning between these two terms, as I have already done so here.

Suppose something has a recognized function, usually once broken or obsolete. In that case, the entire function of that class of objects is not recognized as broken or obsolete: if the engine of a car breaks, what person would say "Damn, I realized that cars are useless: from tomorrow, on foot or by bicycle!".

Ok, some people perhaps have "honest" insights into this matter, taking advantage of the breakage or the need to replace an object. Still, this occasion is not in itself a harbinger of a new reflection on the matter in this case, that is, it would be a mere coincidence.

What often happens with politics, with Public Administration, with the roles in general that people can have in a community and also with any public or private institution, is a real oblivion of the function. I speak of oblivion because criticizing the function is a very different matter: true criticism is in fact carried out rationally and systematically, with intellectual honesty and knowledge of the facts, starting from a healthy principle of reality, recognizing with any style or mode of argumentation the pros and cons of something.

I have therefore noticed many people, in different contexts, asserting things like: "Politicians are all thieves = politics is useless" or "The Public Administration is inefficient = to hell with the Public Administration, it is useless". These equivalences can be summed up in a sort of simple equation: "X doesn't work = X is dysfunctional".

Obviously, these are simplistic thoughts, irrational outbursts that clearly have no structure, that is, they are mere "gut reactions": nevertheless, the amount of people who think this way represents the majority of Italians, and in a democracy, they are the ones who decide the fate of this country, one way or another.

While it is understandable that there is a lack of trust in institutions, populated for decades by unworthy representatives who have oscillated between incompetence and bad faith, I nevertheless consider the disavowal of the value and meaning of institutions to be a serious historical civil problem, a sign of that feeling, which I hope will be healed sooner or later, on the part of those who do not have power towards those who exercise it.

Institutions are not in and of themselves elitist wagons, centers of absolute power, or control rooms with limited access: these are not their real and original functions. Institutions have the function of serving the people, understood in a unitary sense as a civil collectivity, they are an expression of representation of sovereignty: institutions, in short, ARE US.

To ignore the function of institutions is to ignore the very function of the people as civil, social, and political actors, playing the game of those who exploit dysfunctional thinking for their own shady purposes.

I believe that the time has long come for a profound rethinking of the roles and behaviours of the institutions themselves, which must set an example by freeing themselves of malfunctioning representatives and at the same time giving priority to civic education (to be reformed) in schools of all levels and to the promotion of civic and political culture in every area (instead of limiting ourselves to a few hours a year of pseudo-civic education, with little funding, where we limit ourselves in a very superficial way to repeating in a notional way concepts that young people will never really take into account and therefore will never apply.)

A functional thought must be, ultimately, the concrete basis of a civil renewal. Only a profound reform of education/instruction/training (the terms should be used together or a new, more synthetic one should be created) can give us hope for a future in which, if nothing else, the dramas and tragedies of civilization will not derive from an absence of critical capacity and bad intentions.