Sistema di pensiero personale e sano principio di realtà: possibili discrepanze e contraddizioni e possibili soluzioni/ Personal thought system and sound principle of reality: possible discrepancies and contradictions and possible solutions





Urge a questo punto chiarire alcuni punti direttamente qui sul blog principale. Lo scopo del blog è di presentare il mio personale sistema di pensiero, che è un sistema ancora in costruzione: si può quindi dire che sia una sorta di cantiere aperto, e che voi stiate in realtà assistendo a questa edificazione. Ciò spiega cose come alcuni eventuali dietrofront, contraddizioni, imperfezioni, esitazioni o addirittura vere e proprie insensatezze,  non appropriatezze, ridondanze  ecc.. 

Oggi bisogna affrontare una questione di capitale importanza per lo sviluppo di questo sistema. Partiamo dal dire, forse in senso innovativo rispetto a quanto detto prima, che questo blog vuole proporre, nonostante l'intento primario di far assistere a un processo di costruzione personale (che può avere uno scopo anche di ispirazione per qualcuno, si spera), anche dei contenuti in qualche modo oggettivi e di almeno orientamento "scientifico". Potrebbe sembrare qualcosa in apparente contraddizione con la mia crociata antisistemi universali e generali, esterni, con nomi, manifesti, regole ecc.? 

Fondamentalmente, mi sovviene che l'unica vera idea di riferimento oggettiva, che poi è in realtà solo un concetto equivalente a questo, ma non la stessa cosa (la definirei principio) è per l'appunto il sano principio di realtà e di questo avevamo parlato nel dettaglio in questo post

La realtà non può essere legata a un'interpretazione faziosa o rigidamente prospettica: la realtà è il tutto, e solo una visione totaleggiante può avvicinarsi a una restituzione sufficientemente efficace, che può consentire quindi una valutazione che non sia un'inferenza arbitraria troppo poco plausibile e frutto di strumentalizzazioni.

Se vogliamo "rimpolpare" il concetto di sano principio di realtà, si può partire per esempio da quello psicanalitico: in questo senso esso, che si costruisce con la crescita dell'individuo, sostituisce il principio di piacere infantile, pur non essendone antitetico. Come dire, diventando adulti la nostra guida diventa la capacità di riconoscere una realtà che spesso è incompatibile con la nostra pretesa di godere a tutti i costi, anche se non nega il piacere in sé e per sé (lo ridimensiona, in sintesi).

In un certo senso, sfuggire alla zona di conforto è un po' una limitazione del principio di piacere, che in questo caso è da interpretare come una sorta di narcosi, un volontario anestetizzarsi nei confronti di una cognizione funzionale di noi stessi e di ciò che è oltre noi stessi, che ci circonda. 

Se conveniamo che la realtà esterna e oggettiva sia una, riuscire a inferirla, cioè a fare asserzioni produttive in modo corretto, cioè sano, è una fattispecie effettivamente un po' complicata? Partiamo dal concetto di  "sano": esso rientra nel campo semantico di "integro", "intero", quindi sappiamo già che un sano principio di realtà dovrebbe fondamentalmente riguardare una capacità, almeno propedeutica, di non avere riserve, limiti, pregiudizi consapevoli quando si vuole decidere di essere obiettivi e, quindi, non essere detrimente a una potenzialità di riuscire ad abbracciare con la nostra mente quanta più realtà possibile, nella sua complessità, imprevedibilità, contraddizione, caoticità.

Avere un sano principio di realtà è quindi un atto di forza e di integrità? Quindi, solo la persona sana può esserne capace? Abraham Maslow definiva "sana" la persona che in sostanza non aveva avuto privazioni nei propri bisogni fondamentali di sicurezza, appartenenza, rispetto e autostima, ponendo quindi questa persona in un surplus energetico e in una prospettiva inclusiva e orientata all'ignoto e al futuro, che sapeva distaccarsi e sapeva gestire la solitudine, orientarsi sui problemi "esterni" e non concentrarsi in senso "egoistico" esclusivamente sulle proprie questioni. Sano è l'autorealizzato, pur nei difetti, e sapeva addirittura mantenere tratti di irrazionalità e di spontaneità.

Quanto è plausibile questa definizione di persona sana e quanto è funzionale alla ri-cognizione socioculturale? Quanto è necessario rientrare in questa definizione per pensare in modo sano? Forse la persona sana magari non è automaticamente capace, in sé e per sé, di inferire la realtà in modo sano? Forse occorre comunque una sorta di educazione/formazione in merito? D'altronde, la persona sana può benissimo essere una persona che conserva ancora irrazionalità, spontaneità, frivolezza, convenzione, acriticità...

La sanità cognitiva quindi non è necessariamente una "sanità socioculturale"? E quest'ultima, alla fine, non è un modo alternativo di vincolare in senso arbitrario, sfuggendo cioè al principio guida oggettivo e assiomatico, che non è cioè sovrastruttura ma mera evidenza, base?

Per ora, noi ci concentriamo sull'aspetto definitorio del sistema che vorrei costruire, per me stesso (e che voi potete benissimo fare anche vostro), e ribadisco che il sano principio di realtà, in fin dei conti, deve essere la capacità, indipendentemente dal nostro stato di forza, resilienza, integrità, di restituire la realtà per ciò che è, senza omissioni, anche se magari non vi è ancora un'educazione e una formazione rigorosa. Si tratta di una sorta di base cognitivo-educativa, qualcosa cioè che si dovrebbe poter formare già in seno alla famiglia e all'istruzione scolastica primaria e secondaria, qualcosa che una persona dovrebbe essere in grado di ottenere potenzialmente senza un particolare "sforzo" riflessivo o impegno formativo, una volta indotta ovviamente, in qualche modo, a questo tipo di inferenza.

Se la realtà è una, infatti, essa deve rappresentare, ripetiamo, in primis una base e non un soffitto  o una barriera architettonica, o un ingombrante muro portante. La realtà in sé e per sé non deve essere un limite all'espressione personale, alla nostra specificità, ma realizzata come quel giusto peso (qui occorre chiamare in causa Nietzsche per avere un'idea di cosa peso dovrebbe significare in questa accezione), inferita come principio, per dare slancio ai nostri pensieri, scelte, comportamenti, gusti. Questo, prima ancora di pensare in modo rigoroso, prima di iniziare magari a rischiare di scadere di nuovo in tesi e definizioni vincolanti in senso arbitrario, sebbene rifuggendo da sistemi di pensiero esterni, ideologie, prassi collaudate e condivise ecc.

Come dire, la presenza dell'oggettivo non solo non impedisce il soggettivo, ma è addirittura una condizione sine qua non potrebbe esistere quest'ultimo. D'altronde, chiudendo con una semplice metafora, una piuma lanciata non solo non va lontano, ma spesso svolazza all'indietro, mentre un sasso col giusto peso (e lanciato con la giusta forza...) può arrivare abbastanza lontano: dove, lo decideremo noi.


At this point, it is urgent to clarify some points directly here on the main blog. The purpose of the blog is to present my personal system of thought, which is a system still under construction: it can therefore be said that it is a sort of open construction site and that you are actually witnessing this construction. This explains things like some possible U-turns, contradictions, imperfections, hesitations or even real nonsense, inappropriateness, redundancy etc..

Today we must address a question of capital importance for developing this system. Let's start by saying, perhaps in an innovative sense compared to what was said before, that this blog wants to propose, despite the primary intent of showing a process of personal construction (which can also have the purpose of inspiration for someone, hopefully), also some contents that are in some way objective and at least "scientific" in orientation. Could this seem to be something in apparent contradiction with my crusade against universal and general, external systems, with names, manifestos, rules etc.?

Basically, it occurs to me that the only true objective idea of ​​reference, which is actually just a concept equivalent to this, but not the same thing (I would call it a principle) is precisely the healthy principle of reality and we talked about this in detail in this post:

Reality cannot be tied to a biased or rigidification perspective interpretation: reality is everything, and only a totalizing vision can come close to a sufficiently effective restitution, which can therefore allow an evaluation that is not an arbitrary inference that is too implausible and the result of instrumentalization.

Suppose we want to "plump up" the concept of a healthy principle of reality. In that case, we can start for example from the psychoanalytic one: in this sense, it, which is built with the growth of the individual, replaces the infantile pleasure principle, even if it is not antithetical to it. That is to say, as we become adults, our guide becomes the ability to recognize a reality that is often incompatible with our claim to enjoy at all costs, even if it does not deny pleasure in and of itself (it resizes it, in short).

In a certain sense, escaping the comfort zone is a bit of a limitation of the pleasure principle, which in this case becomes a sort of narcosis, a voluntary anesthetization concerning a functional cognition of ourselves and of what is beyond ourselves, that surrounds us.

If we agree that external and objective reality is one, is being able to infer it in a correct, that is, healthy, way, actually a somewhat complicated situation? Let's start with the concept of "healthy": it falls within the semantic field of "whole", "entire", so we already know that a healthy principle of reality should fundamentally concern an ability, at least preparatory, to have no reservations, limits, conscious prejudices when we want to decide to be objective and, therefore, not be detrimental to a potential to be able to embrace with our mind as much reality as possible, in its complexity, unpredictability, contradiction, chaos.

Is having a healthy principle of reality therefore an act of strength and integrity? So, only a healthy person can be capable of it? Abraham Maslow defined "healthy" as a person who essentially had not had deprivations in their fundamental needs of security, belonging, respect and self-esteem, thus placing this person in an energetic surplus and in an inclusive perspective oriented towards the unknown and the future, who knew how to detach themselves and knew how to manage solitude, orient themselves on "external" problems and not concentrate in a "selfish" sense exclusively on their own issues. Healthy is self-realized, despite the defects, and even knows how to maintain traits of irrationality and spontaneity.

How plausible is this definition of a healthy person? How necessary is it to fit into this definition to think healthily? Is the healthy person not automatically capable, in and of itself, of inferring reality healthily? Is some education/training needed in this regard? On the other hand, the healthy person can very well be a person who still retains irrationality, spontaneity, frivolity, convention, uncriticality...

So cognitive health is not necessarily cultural health? And isn't the latter, in the end, an alternative way of binding in an arbitrary sense, that is, escaping the objective and axiomatic guiding principle, which is not a superstructure but mere evidence, a basis?

For now, we focus on the defining aspect of the system that I would like to build, for myself (and that you can also make yours), and I reiterate that the healthy principle of reality, ultimately, must be the ability, regardless of our state of strength, resilience, integrity, to return reality for what it is, without omissions, even if perhaps there is not yet a rigorous education and training. It is a sort of cognitive-educational basis, something that should be able to be formed already within the family and primary and secondary school education, something that a person should be able to potentially obtain without a particular reflective "effort" or training commitment, once induced obviously, in some way, to this type of inference.

If reality is one, in fact, it must represent, we repeat, first of all, a base and not a ceiling or an architectural barrier, or a cumbersome load-bearing wall. Reality in and of itself must not be limited to personal expression, to our specificity, but realized as that right weight (here we need to call upon Nietzsche to have an idea of ​​what weight should mean in this sense), inferred as a principle, to give impetus to our thoughts, choices, behaviours, tastes. This (even before thinking rigorously) before perhaps starting to risk falling again into binding theses and definitions in an arbitrary sense, although shunning external systems of thought, ideologies, tested and shared practices, etc.

As if to say, the presence of the objective not only does not prevent the subjective but is actually a condition sine qua non the latter could exist. On the other hand, closing with a simple metaphor, a thrown feather not only does not go far but often flutters back, while a stone with the right weight (and thrown with the right force...) can go quite far: where, we will decide.




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