Oltre l'istruire, l'educare e il formare: le scuole hanno bisogno di cambiare?/ Beyond educating, raising, and training: Do schools need to change?



Risposta breve alla domanda: sì.

Risposta lunga: il motivo risiede nella palese disfunzionalità del sistema didattico della scuola italiana (parlo solo della scuola dell'obbligo e non affronterò il discorso universitario e mi limiterò a questo paese, non potendo parlare di altre realtà, anche se magari ci possono essere tratti comuni). 

Quello che andrebbe stabilito sono i modi con cui questa disfunzionalità si palesa e anche le cause. 

Modi: l'insegnamento nelle scuole, fin dalla scuola primaria, è fondamentalmente:

  • cattedratico
  • poco interattivo
  • nozionistico
  • appiattente le differenze individuali 
  • non creativo
  • noioso
Un sistema quindi che vorrebbe come dire "piegare" l'alunno/studente a un ruolo di mero ricettacolo di un sapere cristallizzato, sotto forma di nozioni, formule, date e altre informazioni cui attingere dall'"alto", come un'anatra in un laghetto becca il pane lanciato dal parapetto, con una restituzione fedele pena una cattiva valutazione, abbattendo ogni pretesa all'esplicitazione di visioni personali troppo "audaci", di infusione di proprie prospettive, necessità e volontà, svalorizzante e mortificante la propria creatività, inventiva, fantasia, con la paura costante di sbagliare, di dire cose stupide, in un costante clima di disagio.

Ma a tutto ciò che riguarda l'istruzione intesa come formazione culturale stricto sensu, andrebbe aggiunto un elemento fondamentale e trasversale: la pressoché totale assenza di "olismo" della didattica.

Checché se ne dica, de facto la maggior parte degli insegnanti si dimentica che, oltre a dare in pasto cose da imparare, occorrerebbe:

  • EDUCAZIONE: invitare la persona ad addentrarsi nei significati del vivere nel mondo come membro di una collettività che si dota di regole, non con l'obbligo di un'adesione incondizionata ai valori e alle usanze correnti, ma proprio come sviluppo cognitivo dello "stare al mondo", per imparare a comprendere il senso della società, delle istituzioni, delle azioni individuali e collettive, e iniziare a crearsi una prospettiva, un senso critico, con la finalità di divenire una persona capace di reali scelte e decisioni.
  • FORMAZIONE: incentivare, promuovere e anche tutelare la crescita personale dell'individuo in senso concreto, sostenendo lo sviluppo di autodeterminazione, una solida personalità, dei gusti specifici, delle preferenze reali, e, soprattutto, la cognizione del Sé, dei propri bisogni, volontà, voglie, limiti, idiosincrasie, intolleranze ecc. 
  • inoltre: vigilare su eventuali manifestazioni di disagio relazionale, psichico e sociale degli studenti.
Nonostante i piani ministeriali e la volontà di istituti e anche dei singoli insegnanti (molti sono valevoli e lodevoli in tutto ciò), a livello sistemico il raggiungimento di tale funzionalità è ben lungi dall'essere concretamente attuato (anche perché non è ancora praticamente nei radar una tale mentalità). 

Quello che dovrebbe avvenire, a mio avviso, è una sorta di FUSIONE tra tutti i termini legati all'agire dell'insegnamento: non si può più parlare in modo separato di ISTRUZIONE, EDUCAZIONE e FORMAZIONE. 

Probabilmente, andrebbe prima di tutto creato un termine nuovo che possa amalgamarli, e andrebbe rivoluzionato il percorso di studi per valorizzare e finalmente istituire ex novo il ruolo dell'insegnante della scuola su valori e principi legati a questa nuova visione. 

A tale avviso, andrebbero prima di tutto formati gli insegnanti a implementare l’apprendimento sociale ed emotivo e il pensiero sistemico.
Si tratta infatti di insiemi di abilità cruciali per navigare in un mondo di distrazione crescente e di relazioni personali sempre più in pericolo, in cui le connessioni tra le persone, gli oggetti e il pianeta sono più importanti che mai. In particolare occorre focalizzarsi sul trasmettere all'alunno questi aspetti:
  • Concentrarsi su sé stessi (connettendoci con il nostro senso dello scopo e con le aspirazioni più profonde, comprendere il sentire)
  • Sintonizzarsi sugli altri (entrare in empatia e comprendere la realtà di un’altra persona e relazionarsi a essa dal suo punto di vista)
  • Comprendere il mondo nel suo insieme (è innata l’intelligenza sistemica dei bambini).
In ogni caso, l'aspetto culturale legato a nozioni ed elementi come dati, date, denominazioni, concetti ecc. non dovrebbero mai scomparire in tutto ciò, ma ogni cosa che si affronta insieme (notare il superamento della dicotomia insegnamento-apprendimento in aula) deve avere un SENSO specifico in seno alla necessità di creare individui dotati di autodeterminazione e capaci di pensare criticamente e vivere in una collettività, nel rispetto del prossimo, delle diversità e, anzi, aprendosi integralmente a tutto ciò, con accoglienza.

Per esempio, un'opera letteraria affrontata in aula dovrebbe sempre fondamentalmente essere correlata ad aspetti del vissuto di ogni singolo studente, bisogna fare esempi concreti, confronti, invitare a dire la propria, raccontarsi, aprirsi senza remore, abbattendo e sospendendo ogni giudizio di valore, il tutto mentre si cerca il più possibile di trovare paralleli con situazioni attuali, nel caso di opere lontane nel tempo, o rimarcare differenze, ma sempre tentando di stabilire una connessione diretta con ogni singolo alunno, che a sua volta si connette con le esperienze, le interpretazioni e anche i sogni del resto della classe; una teoria scientifica andrebbe magari dimostrata in laboratorio, dando concretezza a quanto si racconta, spiegando le sue implicazioni nella società, nelle tecniche di lavoro, nel vissuto quotidiano di ognuno di noi, stimolando l'innata curiosità del bambino e la voglia di sperimentare dell'adolescente ecc.. Anche l'attività fisica può e deve essere funzionale a trasmettere il senso di cooperazione, di solidarietà, di correttezza sportiva, di abnegazione, di sana competitività, oltre che meramente la cultura del benessere legato al movimento e ai sani stili di vita. 

Nessuna attività quindi può essere esentata da una didattica finalmente olistica e funzionale, dove il coinvolgimento dello studente è parte irrinunciabile per consentire lo sviluppo personale dello stesso, divenendo parte attiva del processo di apprendimento e ponendo gli insegnanti in una posizione non più di meri indottrinatori ma di agevolatori di cultura e capacità. 

Una società nuova d'altronde, più sana, funzionale e funzionante, dovrà necessariamente essere anche e soprattutto il risultato di una scuola radicata nella realtà e contemporaneamente inclusiva, attenta alle differenze individuali e fortemente responsabile e vigile nei confronti di individui che stanno affrontando il momento più delicato ma anche più stimolante della propria esistenza.

Si ringrazia l'insegnante Tiziana Paolozzi, diventata co-autrice del blog recentemente, per l'assistenza e per i contributi preziosi alla stesura di questo articolo.


Short answer to the question: yes.

Long answer: the reason lies in the obvious dysfunctionality of the Italian school system (I am only talking about compulsory education and will not address the university issue, and will limit myself to this country, not being able to talk about other realities, even if perhaps there may be common traits).

What should be established is how this dysfunctionality is revealed, and also the causes.

Ways: teaching in schools, starting from primary school, is fundamentally:

  • cathedratic
  • not very interactive
  • notional
  • flattening individual differences
  • not creative
  • boring
A system therefore that would like to say "bend" the pupil/student to a role of mere receptacle of crystallized knowledge, in the form of notions, formulas, dates and other information to be drawn from "above", like a duck in a pond pecks bread thrown from the parapet, with a faithful restitution under penalty of a bad evaluation, demolishing any claim to the explicitation of personal visions that are too "bold", of infusion of one's own perspectives, needs and will, devaluing and mortifying one's creativity, inventiveness, imagination, with the constant fear of making mistakes, of saying stupid things, in a constant climate of discomfort.

But to everything that concerns education understood as cultural formation stricto sensu, a fundamental and transversal element should be added: the almost total absence of "holism" in teaching.

Whatever is said, de facto, most teachers forget that, in addition to teaching things to learn, it would be necessary to:

EDUCATION: invite the person to delve into the meanings of living in the world as a member of a community that provides itself with rules, not with the obligation of unconditional adherence to current values ​​and customs, but precisely as a cognitive development of "being in the world", to learn to understand the meaning of society, institutions, individual and collective actions, and begin to create a perspective, a critical sense, to become a person capable of real choices and decisions.
TRAINING: Incentivise, promote, and protect the individual's personal growth in a concrete sense, supporting the development of self-determination, a solid personality, specific tastes, real preferences, and, above all, the knowledge of the Self, of one's needs, will, desires, limits, idiosyncrasies, intolerances, etc.
Also: monitor any manifestations of relational, psychological and social discomfort of students.
Despite ministerial plans and the will of institutes and even individual teachers (many are worthy and praiseworthy in all this), the achievement of this functionality is far from being concretely implemented at a systemic level (also because such a mentality is not yet practically on the radar).

What should happen, in my opinion, is a sort of FUSION between all the terms linked to the action of teaching: we can no longer speak separately of INSTRUCTION, EDUCATION and TRAINING.

Probably, first of all, a new term should be created that can amalgamate them, and the curriculum should be revolutionised to enhance and finally establish the role of the school teacher in values ​​and principles linked to this new vision.

In this opinion, teachers should first of all be trained to implement social and emotional learning and systemic thinking.
These are, in fact, sets of crucial skills for navigating a world of growing distraction and increasingly endangered personal relationships, in which connections between people, objects and the planet are more important than ever. In particular, we need to focus on transmitting these aspects to the student:
  • focusing on oneself (connecting with our sense of purpose and deepest aspirations, understanding feelings)
  • tuning in to others (empathising and understanding another person's reality and relating to them from their point of view)
  • the world as a whole (children's systemic intelligence is innate).

In any case, the cultural aspect linked to notions and elements such as data, dates, denominations, concepts etc. should never disappear in all this, but everything that is faced together (note the overcoming of the teaching-learning dichotomy in the classroom) must have a specific SENSE within the need to create individuals endowed with self-determination and capable of thinking critically and living in a community, respecting others, diversity and, indeed, opening up completely to all this, with welcome.

For example, a literary work addressed in class should always be fundamentally related to aspects of the experience of each individual student, it is necessary to give concrete examples, comparisons, invite them to have their say, tell their story, open up without hesitation, breaking down and suspending any value judgment, all while trying as much as possible to find parallels with current situations, in the case of works from a distant time, or to highlight differences, but always trying to establish a direct connection with each individual student, who in turn connects with the experiences, interpretations and even dreams of the rest of the class; a scientific theory should perhaps be demonstrated in the laboratory, giving substance to what is said, explaining its implications in society, in work techniques, in the daily life of each of us, stimulating the innate curiosity of the child and the desire to experiment of the adolescent, etc. Even physical activity can and must be functional to transmit the sense of cooperation, solidarity, sportsmanship, self-denial, healthy competitiveness, as well as merely the culture of well-being linked to movement and healthy lifestyles.

Therefore, no activity can be exempted from a finally holistic and functional teaching, where the involvement of the student is an essential part to allow the personal development of the same, becoming an active part of the learning process and placing teachers in a position no longer of mere indoctrinators but of facilitators of culture and ability.

A new society, on the other hand, healthier, more functional and functioning, must necessarily also and above all be the result of a school rooted in reality and at the same time inclusive, attentive to individual differences and strongly responsible and vigilant towards individuals who are facing the most delicate but also most stimulating moment of their existence.

We thank the teacher Tiziana Paolozzi, who recently became co-author of the blog, for the assistance and for the precious contributions to the writing of this article.

Commenti

  1. A mio avviso il problema principale consiste nel numero degli alunni e della mancanza di una sinergia tra colleghi. Mi spiego: con classi di più di 25 studenti, è difficile spesso mettere in azione metodologie attive, così come supportare gli studenti con difficoltà e valorizzare le eccellenze. Lo si potrebbe fare se ci fosse una sinergia con i docenti, attivando, in previsione del crollo delle nascite, ore di compresenza, molto produttive, per lavorare con piccoli gruppi e lavorando sulla motivazione. Credo che, alla fine, tutto parte dalla progettazione del consiglio di classe, da riunioni in cui si parla di studenti e di didattica e non di aria fritta o adempimenti burocratici.

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    1. Buongiorno e grazie per il commento educato e costruttivo! Sì, sicuramente le cosiddette "classi pollaio" , sebbene per il sottoscritto non sia l'unico problema o il primario (come detto nell'articolo il problema scolastico lo ritengo una situazione polifattoriale), rendono estremamente arduo qualunque tentativo di attuare metodologie attive, quindi la prima soluzione dovrebbe essere in primis quella di ridurre il numero di alunni per ogni classe (e qui nel prossimo futuro, come detto da lei, il crollo delle nascite si rivelerà determinante). Sicuramente, la burocrazia per come è strutturata ora è inadeguata in realtà in ogni ambito produttivo e umano, con richiesta di adempimenti sterili e antipragmatici. Come detto giustamente da lei, la cooperazione e la coordinazione tra gli attori scolastici sono vitali, ma io tendo avere un'ottica "sistemica" ad ampio raggio, e mi auguro un futuro dove TUTTI gli ingranaggi saranno realmente funzionali e non mere ridondanze o vuotaggini "tanto per", anche perché significherebbe ridurre la mole di lavoro per ogni singola figura, che potrebbe in questo modo dedicarsi in modo più agevole alla propria funzione.

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