Mettetevi scomodi...ma non troppo/ Make yourselves uncomfortable...but not too much


ITALIANO

 Il mio psicoterapeuta mi diceva: "Andrea, devi sviluppare un sano principio di realtà.

Alla fine ci sono riuscito? Probabilmente sì, a detta del suo feedback.

Per 33 anni non ho fatto altro che sedermi sugli allori, dormire tra due guanciali, riposare sotto il velo di Maya. Attenzione, non parlo di "terzo occhio", non parlo di complottismo: parlo del superamento di un'attitudine esistenziale patologica (soffro di "disturbo di personalità", messo così nel referto dalla psichiatra, senza specificazione, almeno per ora). 

Quindi, si potrebbe già stabilire che questo sia una specie di diario clinico post-acuzie, un decorso di affrancamento dalla suppurazione di un'infezione psichica per una prognosi inaspettatamente fausta, nonostante le premesse e la tardività del "fine pena". 

Era doveroso annunziare che non sono una persona "sana", o che quantomeno lo sia meno di quanto possa pensare. Il discorso "sanità/malattia" poi lo affronteremo in un secondo momento. 

Vorrei innanzitutto "prendere le misure" con un modus operandi esistenziale che, nonostante si stia forgiando da ben tre anni, è ancora in uno stato embrionale, con minacce d'aborto costante. 
Quello che vorrei fare è provare banalmente a dire la mia, in piena onestà intellettuale e senza filtri, senza ipocrisie e senza sponsor, senza faziosità e senza pretese. Partire dall'ammissione dei miei limiti, per quanto possa apparire capzioso (ma forse è segno di un almeno parziale mancato superamento dei miei problemi...) è doveroso come informazione preliminare, per darvi quantomeno un orientamento basico di cui potete anche non disporre, se non condiviso. 

Quindi, perché dovete mettervi scomodi? Il mio invito è quello a cercare di entrare un po' nel merito, prima o poi, di quanto io esprimerò tra le righe di questo blog: anelo a costruire con voi un discorso non di interpretazione ma di vera e propria restituzione della realtà che sia scevra da un'attitudine che ho -magari erroneamente? Me lo direte voi, forse- captato durante la psicoterapia: quella del negazionismo dei problemi, a scopo soprattutto strategico, forse, e quella del "consolatorismo" a fin di bene, nella lettura della realtà. 

Ho bisogno di una dura ma giusta visione del tutto e, soprattutto, di una dura ed efficace analisi funzionale che possa essere un campo di emersione per soluzioni concrete. 

Onestà, razionalità, concretezza = sano principio di realtà. La realtà non deve essere necessariamente scomoda, ma neanche dobbiamo per forza sempre e soltanto interpretarla in modo rassicurante. 

Per ora, queste parole appaiono vuote, sterili, già sentite, poco significanti. 

Poi, forse, saranno così e basta.

 O forse no. 


ENGLISH

 My psychotherapist used to tell me: "Andrea, you need to develop a sound reality principle."

 Did I succeed, eventually? Maybe I did, according to his feedback. 

For 33 years I have done nothing but rest on my laurels, sleep untroubled, rest under the veil of Maya. Careful, I'm not talking about either the "third eye" or conspiracy theories: I'm talking about overcoming a pathological existential attitude (I suffer from "personality disorder", as it was in my psychiatrist's report, without specifying, at least so far). 

Therefore, it could already be established that this is a kind of post-acute clinical diary, a course of liberation from the suppuration of a psychic infection due to an unexpected good prognosis, despite the premises and the lateness of the "end of the sentence". 

It was necessary to announce that I am not a "healthy" person, or at least a lesser one, despite what I could guess. We will address the "health/illness" issue later. 

First and foremost, I would like to "take measures" with an existential m.o. which, despite being forged for three years, is still in an embryonic state, with constant threats of abortion. 
I want to have my say, in full intellectual honesty and filterless, without hypocrisy and with no sponsors,  bias, or pretensions. Starting from the admission of my limits, as specious as it may seem (but perhaps, it's a sign of at least partial failure in successfully overcoming my problems...) it's necessary as preliminary information, to give you at least a basic orientation which you may not even dispose if you won't agree with that.

 So, why do you have to make yourself uncomfortable? My invitation is to try to go into the merits, sooner or later, of what I will express between the lines of this blog: I long to build with you a discussion not about an interpretation but about a sincere rendition of the reality, free from an attitude that I have - perhaps mistakenly? You will tell me, maybe - captured during psychotherapy: the one in denial of problems, maybe mostly for strategic purposes, and the one about "consolationism" for good, in reading the reality.

 I need a tough but fair vision of the whole and most importantly, a tough and effective functional analysis that could be a field of emergence for practical solutions. 

Honesty, rationality, and concreteness = sound reality principle. Reality doesn't necessarily have to be uncomfortable, but we don't necessarily have to always just interpret it reassuringly. 

So far, these words will appear empty, sterile, already heard, little things. 

Maybe, they will just be like this.

 Or maybe they will not.

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